Per il futuro
Col passo sicuro del broker esperto sfreccio sotto il porticato per entrare nell’ampio ingresso del palazzo che fa tanto ottocento vittoriano: come staglia con tanto di cupola sulla piazza centrale. Una volta c’era scritto Borsa. Ora la scritta è spenta. Scale: neanche per idea. Ascensore: schiaccio il tasto, si accende e si spegne. Non va; il solito vecchio deve aver lasciato la porta aperta. Schiaccio di nuovo. È inutile. Una donna mi passa dietro e apre la porta dell’ascensore a fianco. Eh certo! Nel palazzo Vittoriano mica poteva esserci solo un ascensore. Proletario distratto che non sono altro. Entriamo entrambi. Lei mi sorride dal basso della sua vecchiaia di lusso.
“Piano?”
“Non lo so”
“Dove deve andare?”
“Fenicotteri Bank”
Fenicotteri Bank, la banca che non è una banca. Nel senso che è tutta online. Nonostante questo, si ostinano ad assumere esseri umani da stipare in uffici per fare pratiche e stringere mani con sicurezza. Certe cose non passeranno mai di moda. La buona e vecchia stretta di mano della banca fidata…
“Dodicesimo piano allora”
Piano alto del palazzo Vittoriano. Naturalmente. Lei scende solo al secondo: la lotta di classe ha la sua piccola rivincita.
Dodici. Scendo. Spingo con sicurezza la maniglia della porta vetrata. È chiusa. E non è la prima volta che mi succede. Una misura di sicurezza contro i cyborg rapinatori di banche online forse. Qualcuno da dentro schiaccia un tasto e ho accesso. Sono dentro. Ed eccolo: bello e rassicurante come le anonime silhouette illustrate dei consulenti di banca: giacca e cravatta con con la riga a lato scolpita nei capelli. Sono più pochi, ma dagli anni Sessanta non hanno smesso di fabbricarne. Mi stringe la mano. Con sicurezza:
“Ciao caro. Come stai? Scusa un attimo. Puoi aspettare un attimo qui?” Esce e chiude la porta. Silenzio.
Ed eccomi di nuovo nel suo ufficio ad interpretare la parte della vittima sacrificale dei crack economici: il piccolo investitore. Aspetto indeciso davanti a quale scrivania vuota sedermi. Ne ha tre in ufficio. Una piena e due vuote. Magari fanno dei raduni di consulenza il venerdì sera? Rimango in piedi. Guardo cosa la paura del futuro e la mancanza di contributi lavorativi ti portano a fare. Con la benedizione dei genitori soddisfatti del figlio previdente. Amen.
Entra Capelloscolpito: “Come stai? Siedi pure lì”. Scrivania a sinistra. Si siede anche lui e mi sorride.
“Meno male che sei venuto, anche perché ti avrei voluto chiamare.”
Ti avrei voluto chiamare… Ti stavo per chiamare… Stavo per scriverti: sono frasi comuni oramai. Sono tutti molto in procinto di volerti dare considerazione proprio un attimo prima che ti sei fatto vivo tu. Tutti, anche il tuo consulente di banca. Perché?
“Perché… volevi chiamarmi?”
E la risposta è che ci sarebbero stati dei soldi da pagare ma io non li devo pagare perché ora magicabulabididibodidibù lui sul suo computer schiaccia due tasti, fa due spostamenti e ora i miei investimenti da una parte sono passati da un’altra. Fiù! Per fortuna, ora che ho messo tutte le mie sfilze di password per permettergli questa cosa che ha fatto di cui non ne ho capito la metà, mi sento più sicuro. Ci sono la sua giacca e cravatta a garantire che i soldi nell’etere non sono spariti. Ci sono. Sono led luminosi a forma di numeri sul suo schermo. Anche quei 2000 euro che nel trasferimento non appaiono più. Momentaneamente… si intende. Dove porca puttana sono?!
“Sai cos’è? E un errore del sistema. Tutto qua.”
Tutto qua. È solo un errore del sistema. Niente di troppo preoccupante per una banca online. Posso andare a letto tranquillo. Il topolino online me li riporterà con una mail nel giro di un giorno o due. Lungo respiro. Mi assicura che è tutto apposto. Mi fa vedere. “Vedi ora sono qui. Risulta.” Digita e scorre col dito sui geroglifici. E poi STACK. Il suo dito illustratore cade distrattamente e pesantemente sul touchpad del portatile. ATTENTO porcamiseria! Anni vissuti con il profilo basso del piccolo borghese che centellina il benessere che gli è stato somministrato, anni di nervi tesi sudore stanchezza speranza piccole gioie e grandi voglie, anni in cui la formica ha assassinato più volte la cicala, anni per addossare quelle quattro cifre magre… Vuoi mandare tutto a puttane per un click sbagliato!?
Guardo il dito. Sudo freddo, ma rimango impassibile. Complice il sonno. Lui sembra non accorgersi di nulla. Mi guarda con espressione tirata. Il suo sorriso per brevi istanti si contrae alzando sopracciglia e orecchie, come quando senti dire a qualcuno una cazzata troppo grossa. O come se qualcuno l’avesse preso per la pelle della nuca. Ma è un attimo ed è tutto finito, torna a rilassarsi come prima. “Ho un mal di testa… Sai ieri sera ho giocato a calcetto.”
Silenzio.
“Ogni tanto vado…”
Silenzio.
Forse vede nella mia età più giovane un compagno da tacchetti. Vuole condividere la sua prestanza fisica ancora valida. A me del calcio non me n’è mai fregato nulla.
“Alla fine tra una cosa e l’altra mi dilungo e vado a letto tardi… a mezzanotte.”
Poi, forse notando i miei occhi da levataccia per essermi alzato alle dieci, aggiunge: “… di solito vado a letto prima”.
Silenzio. Per fortuna la Fenicotteri Bank continua a mantenere un minimo di contatto umano, altrimenti mi perdevo qualcosa. Per non sentirmi anch’io un Bot sfodero il meglio dei suggerimenti di mio padre e dico:
“L’importante è non andare a letto a stomaco pieno.”
“Nooo! Quello non lo faccio mai.”
Meno male. Un’altra notizia per dormire sogni tranquilli. Strizzo una risata complice che mi fa sentire inadeguato. Silenzio.
“Mi dicevi che volevi fare un investimento?”
Eccoci arrivati al momento saliente. Un altro sacrificio al dio. Ma cosa fare e dove metterla questa fetta di torta? La risposta: Piani d’Accumulo. Suona bene. La formica è soddisfatta di me. Si sfrega le zampette insanguinate di cicala. Capelloscolpito inizia a disegnare il solito grafico x-y con andamento oscillante come le onde di un mare turbolento per cui lui sa come tenere saldo il timone, come già l’ho visto fare tutte le altre volte che sono venuto.
“Dividendo il tuo investimento tu non hai rischi. Quando la linea va giù…” LINEA, sì: il linguaggio è quello. Non mi sorprenderei se alla fine mi facesse vedere un cartone con Pippo e Pluto. “Quando la linea va giù, tu devi solo sorridere perché le azioni sono -in saldo-” e mi disegna con la biro uno smile vicino al grafico. Io non sorrido, lo guardo. Cerco di vedere nella sua testa tutte le parole che non mi dice. Tutte quelle frasi che è meglio che io non sappia.
“Ma io ho già un investimento così.”
“Sì, ma in questo caso investi in azioni con più rendimento”. In poche parole, il mare è più burrascoso e quindi con più possibilità di guadagno e non piatto e noioso come per i titoli di stato: un ragionamento che farebbe ogni pescatore, se amante del film La Tempesta Perfetta. Nonostante i cavalloni e le barche rovesciate nella mia mente inizia ad accendersi quella lucetta. Piccola, ma che basta ad attirare le falene ignare: GUADAGNO. Soldi soldi soldi! Non ci si immerge nel denaro tenendolo stagnante in piccola taglia in un enorme deposito a Paperopoli. Anche i bambini ormai sanno che BISOGNA investire. E guadagnare senza fare un cazzo è conturbante. È meglio di una sega.
La luce si fa più intensa. Ma dove? Su cosa investire? È il momento giusto? Ora sì che c’è fame d’informazioni. Dopo l’undici settembre c’è stato il boom sulla sicurezza degli aeroporti. Ora? La Cina, certo! Lì, lì. Chissene fotte se magari domani dei droni rossostellati ci cercheranno ronzanti per i boschi, oggi c’è il guadagno. Però, no. MOMENTO. C’è l’epidemia la adesso. Ed è meglio non scherzare su certe cose. Farmaceutica! Ma certo! Lì bisogna investire. Con tutti questi morti vuoi non cercare di fare profitto in quel campo: sono soldi sicuri.
“Io ti consiglio d’investire in un pacchetto che la banca sta offrendo ora.”
“Cioè?”
Il pacchetto Futuro. Dentro c’è tutto quello possa interessare l’umanità da oggi alla prossima catastrofe mondiale: gestione acqua dolce, longevità, cambiamenti climatici, città smart, hi-tech e pure le auto che si guidano da sole. Insomma, un mistone pieno di cliché da film di fantascienza. D’accordo. Investo sul film di fantascienza. Asimov e la formica sono fieri di me.
“Vorrei avviare un piano d’accumulo sulle azioni per i cambiamenti climatici.” Al gruppo di fans si aggiunge l’immancabile Greta Thumberg, ma la sopporto, perché almeno se perdo dei soldi mi sentirò comunque la coscienza pulita. Come la Vendita delle Indulgenze, ma con buona probabilità di guadagno. Capitalismo 1 Cristianesimo 0.
“No, guarda, è meglio prendere il pacchetto unico.”
“Come?”
“Se vuoi posso venderti solo il Cambiamento Climatico, ma è più rischioso.” (Come dargli torto? Non me lo metterei in casa…) “Il rischio è come per la Sicurezza degli Aeroporti dopo il boom” (Boom-boom: le torri erano due) “il mercato si è alzato e poi si è stabilizzato dopo pochi anni. È più sicuro investire su tutto.”
Ok.
È così che l’idea di futuro prende effettiva forma. Da lustri che lo vendono così. Hanno corretto il tiro, naturalmente: prima le macchine volavano, adesso si guidano da sole. Da piloti di jet personali siamo passati ad essere deficienti incapaci di parcheggiare. Ma va bene. Tutto è in linea. Nonostante tutto, tutto è in linea: lo si è sempre venduto così il futuro. E ora forse c’è il rischio che arrivi davvero, in tutte le sue forme. E io me ne faccio complice. Il merito è anche un poco mio se Greta diventerà la Regina dei mari. Se i vecchi di 104 anni potranno chiedere ancora il posto sugli autobus elettrici senza un conducente a cui somministrare le loro storie secolari. E se vi infileranno un chip su per il culo. Ora sono colluso anch’io.
Si sente un rombo di folla in lontananza: si fa sempre più forte. Arriva da lontano. Una ola positivista. Tutti prima di me stanno scattando in piedi. Che faccio? Rimango seduto? Si avvicina. Come posso non partecipare? Si avvicina. È una spinta più grande di me! Al diavolo mi alzo… La faccio. Da solo. E naturalmente mi sento un imbecille.
Rimango bloccato con le braccia in alto.
“Va bene. Investiamo questi soldi.”