Prove tecniche di regime
Messaggio alla popolazione: ANDRÀ TUTTO BENE! SARÀ DI NUOVO IL MONDO DEI NOSTRI SOGNI. RIMANETE NELLE VOSTRE CASE IN COMPAGNIA DEI VOSTRI DESIDERI. TENETELI IN CALDO PER DOMANI. C’È ANCORA UN DOMANI. NON DISPERATE. AVRETE ANCORA MODO DI ACQUISTARE DAI RIVENDITORI VICINO CASA. TORNEREMO ALLA STESSA VITA DI PRIMA. TROVEREMO BEN PRESTO UNA SOLUZIONE CHIMICA A QUESTA TRAGEDIA. VOI PERÒ NON DIMENTICATE A CHE PUNTO ERAVATE!
Le parole ben scandite echeggiavano per le vecchie strade vuote. Il megafono della gazzella procedeva lento. Voleva spalmare bene sulle pareti dei vecchi palazzi la sua litania. Farla penetrare sino dentro alle abitazioni attraverso i muri, i mattoni e le finestre che rimanevano chiuse come se dietro non ci fosse nessuno. Ma il disinfestatore sa dove sono nascosti gli scarafaggi.
Il mondo aveva messo tutti in gabbia. Un’opportunità, per scoprire cosa fosse diventata la Libertà.
***
C’era una domanda che più tra tutte verteva sulla vita: “Perché dovrei alzarmi da letto?”
Era con questo pensiero che da tre mesi si svegliava. E poi si riaddormentava. E poi si risvegliava. Come a voler assestarsi in uno stato di dormiveglia che ormai copriva tutta la nazione. Niente era più lucido. L’inconscio spalancato, stappato dalla paura collettiva ritrovata. Adesso tutti gli altri erano costretti ad una vita come la sua, appesa alla testiera del letto.
Che ore sono? La luce filtrava debole dagli oscuranti delle finestre. Poteva essere le sette. Le dieci. Le quattro del pomeriggio. Qualsia ora del giorno. Della notte. Potevi sceglierlo tu che ora sarebbe stata. Comporre la tua giornata partendo dalla fine. Lo stesso telegiornale veniva trasmesso ogni venti minuti. Cominciava a fare caldo. Il caldo come soluzione ai mali dell’umanità sembrava piuttosto un’ulteriore piaga. Sotto il piumone il sudore inumidiva i pantaloni sporchi del pigiama, divenuto il simbolo di quel periodo storico.
Grazie a Dio la squadra volante era già da tempo riuscita ad impiantare la Turbobandalarga, installando un groviglio di tralicci d’acciaio e plastica sul tetto di casa. A meno di un metro da lui, dal momento che viveva in un attico. Navigava che era una bellezza.
Navigava tra le lenzuola sporche. Non contava più le volte in cui ci si masturbava. Ma dal momento che l’anchorwoman era muta, nessuno avrebbe potuto dire nulla del suo stato degradato. Fanculo. Chissà in quanti erano nella sua stessa situazione. Relitti naufragati nel proprio piumone. Nelle profondità di un sonno di sopravvivenza.
Apre leggermente un occhio incrostato, a voler scrutare attraverso la nebbia terre lontane con il cannocchiale. Niente. Chissà quali sorprese avrebbe trovato al solito supermercato oggi rispetto a ieri: nuove offerte vantaggiose, qualche super scorta di altri alcolici a buon prezzo. Una nuova guardia vigilantes che lo guardasse con il solito distaccato scazzo? O un’altra cassiera, magari più giovane, perché quella vecchia stronza aveva finalmente deciso di starsene a casa e non rompere i coglioni a chi decidesse di farsi il proprio sano tour quotidiano al proprio supermercato di fiducia? Che c’è di male a fare qualche apprezzamento ad alta voce ad una cassiera dietro il plexiglas? Sono gli unici occhi truccati che si riesce a incrociare! E quale apprezzamento migliore, se non un’informale e rispettosa pacca sul culo mentre sistema gli scaffali dei biscotti? Una semplice toccatina. Con anche i guanti usa-e-getta per le norme sanitarie. Un po’ di umanità Cristo Santo!
No, guai a giocare con il fuoco. Si può accendere una miccia. E lo stress aveva già caricato tutto al suo massimo. Ti può esplodere in faccia. E così fece. Con un pugno diretto all’occhio sinistro. Ora sì che aveva una buona ragione per andare in farmacia. Ma non ora. Non c’era fretta. Richiuse l’occhio. E sprofondò.
***
Ding! Divina, era lì. Proprio di fronte al suo letto meschino. Cha-cha-cha! Ancheggiava lentamente le sue curve démodé a ritmo di una melodia di Esquivel. Il vestito lungo a fiori ondeggiava leggero. Gli ricordava qualche abito che aveva visto da bambino portato da sua madre o da sua nonna. Chissà quanti vestiti di quel genere saranno chiusi ed ammuffiti in case inaccessibili? Quei fiori… erano così vivaci. Erano tutto ciò che per lui potesse ricordare lontanamente la primavera.
Forse immaginò il soffio d’aria tiepida che gli accarezzò il collo e la nuca. Le finestre e gli oscuranti erano chiusi. Eppure, la vedeva con i suoi occhi. Era lì per la miseria! Bellissima con una pettinatura alla Jacqueline Kennedy… e quel sorriso.
Quale sorriso? Quello che poteva vederne attorno. Anche la sua Jacqueline aveva la mascherina imposta dal ministero della salute. Comunque sorrideva seduttiva. Lui poteva vederlo. Il rossetto rosso passione. Vedeva un paio di labbra carnose disegnate sul bianco che le copriva parte della faccia.
Il vedo-e-non-vedo… Oddio… che incanto!
“Odigna—i!”
Come?! La voce soffiata e femminile era attutita dalla mascherina.
“Eh… Non ho capito…scusa.”
Continuava ad ancheggiare come una dea. “Ordinami!”
Ah! ORDINAMI. Che voce! Così dolce– Ordinami? In che senso? Di che parla…? Le devo dare un ordine? Beh … tipo una serva? O un desiderio… ma LEI è il mio desiderio! Lo accende la minerva delle sue curve su cui sfregherei volentieri il mio fiammifero: Sì, DIVINA!
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Occhio aperto. Pantaloni sudati e la luce del televisore muto illuminava quel poco che c’era da guardare con un occhio solo. Di nuovo nel buio caldo. E il buio era di nuovo in lui. Nel suo occhio destro. Lei è sparita. Rimane solo l’erezione mattutina. Difficile pisciare. Un gallo canta: un’altra fantastica giornata! Apre gli oscuranti delle finestre. Nella notte più nera brilla un improbabile firmamento. La Luna osserva.
Ma che…?! Qual è il gallo che ha cantato? Ma, soprattutto, quando mai c’è stato un gallo qui?
Chicchiricchi! Girava la lamiera arrugginita del segna-vento sul solito tetto di fronte… Icchichiricchi! Una turbolenza… l’aria calda, veniva violentemente dal mare. Le sue onde si sentivano mugghiare con forza sempre maggiore. La luna più vicina deve aver cambiato i movimenti marini. Per fortuna la vecchia città era svuotata e i flussi caldi di acqua salata erano ora liberi di riversarsi per le strade e spumeggiare. Quasi volessero ripulire le strade dalle merde di cane con la dolcezza di una madre che lava i capelli alla figlia. Si spinge ad osservare le onde di latte che squassano il suolo sotto di lui. Si spinge. Si spinge fino all’ombelico. Oddio! Gli occhiali da sole! Mi sono caduti giù. Scivolati dalla faccia sudata. Inghiottiti nel candido ondeggiare, come le merde di cane, che sale e sale. Tre metri d’acqua. Ormai quelli del primo piano sono andati, se non se n’erano già andati prima. E sale sale sale! Secondo piano. Terzo. Un massacro! La prossima riunione di condominio saremo in pochi. L’odore salmastro è più intenso. L’ondeggiare è ipnotico. Continua a fissare quella spuma. Avanti e indietro. Il mare mugghia…
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Giorno. La luce filtra tra gli oscuranti e poi lentamente si fa strada tra le palpebre che si schiudono come boccioli in primavera. Mezzogiorno: che dormita! Non sapeva se ne aveva tratto piacere o malessere. Il cervello lo sentiva incollato al cranio, ma per il resto stava bene. Ora era piacevole essere nel letto. Come un’aringa nel burro. Si lascia marinare ancora per qualche minuto, chiedendosi come fosse possibile alzarsi con il piede sbagliato se un lato del letto è addossato al muro. Bisognerebbe scendere al contrario, proni, a pancia in sotto. Come uno scalatore accorto. Ci prova, ma l’operazione non è elegante. Va a pisciare con la solita erezione mattutina. Apre gli oscuranti. Sole alto. Nessun gallo cantava.
“Ordinami…” ripeteva nella bocca senza emettere suono. Una ventina di krumini pucciati nel caffè. Aveva fatto una scorta annuale al supermercato quando gli aveva visti in offerta. Certi treni sono da prendere al volo. Un’altra giornata per cui non valeva la pena accendere il cellulare. Voleva bersi la tazzina di caffè, ma se l’erano già bevuta i krumini. Meglio, il caffè gli viene uno schifo. Telecomando e televisione: solita routine, per non dimenticare di far parte di un grande paese e una comunità solida. Sapere che la Bundesbank ci pensa scalda il cuore. Poi vedere altre facce rende più sopportabile la tua. E poi c’è l’anchorwoman. Bisogna lasciarsi andare.
Stava per stendersi a letto quando lesse scorrere in sotto-impressione:
“—EMIA. ESTREMA NECESSITÀ DI DONAZIONI DI SANGUE: MINISTRO DELLA SALU—“.
Necessario. Alla comunità. Di nuovo un membro utile della comunità solida. Buona notizia. Mi devono succhiare il sangue. Tutto il resto l’ho già dato. “è necessario in questo momento. Le donazioni si sono ridotte drasticamente” … DIO COM’È PERFETTA E BEN TRUCCATA SU QUELLA SCRIVANIA! Sangue per il nostro paese… certo. Anche per quelli della comunità europea. Chissà la Romania…
“D’accordo. Lo faccio!” pensò ad alta-voce genuflesso sul materasso con i pugni chiusi. Si sentì un po’ scemo, quindi meglio. Si vestì di tutto punto, come se dovesse andare dal tabacchino. Resuscitò il telefono che ci mise sempre qualche secondo di troppo ad accendersi. 45 messaggi. Non li guarda, per lo più sono video New Age su quanto sia bello e stimolante questo momento per l’umanità. E la foto del Dalai Lama, che sorride come se t’avesse inculato. Messaggio ricevuto già da tempo: ho comprato un libro di Osho.
Ora… dov’è il bancomat del sangue? Dove posso versare la mia liquidità? Telefonò al centro raccolta. Voce femminile:
“Siii?”
“Vorrei donare il mio sangue”
“Giovedì alle 9.30 va bene?”
Novetrenta!? Nel bel mezzo della mia fase REM. Santo cielo, abbiamo giornate movimentate come palme alla brezza di Scirocco e mi devi convocare all’alba?
“Non è possibile venire ora?”
“No. Per sicurezza si prende solo per appuntamento. Conferma?”
È necessario in questo momento difficile. Le donazioni si sono ridotte drasticamente. L’anchorwoman sexy è sempre lì a guardarmi. ll Dalai Lama ghigna.
“ok. Certo”
“A giovedì.”
“Sì…” giovedì? Ha un vuoto. “Mi scusi… che giorno è oggi?”
“Sabato.”
“Grazie. Arrivederci.”
Sabato. Perfetto. Devo aggiornare la mia agenda. Scrive SANGUE e lo cerchia tre volte. Con la penna rossa naturalmente. Bene… Buona notte!
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Domenica. Domestica festa, occhio aperto, poi chiuso.
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Lunedi. Luna calante. Sole morente.
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Martedì. Martirio di sigarette. Cimitero nel posacenere.
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Mercoledì. Mercato, super. Sempre troppo affollato.
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GioveDing! Ecco quella musica.
“Ordinami”
Cha-cha-cha. È lei… Un coro di donne l’accompagna: Jacqueline! Ondeggia con il suo corpo di fiori. Ammicca dietro la mascherina.
“Ordinami…”
“Sì, va bene Jacqueline. Ehm… posso chiederti tutto quello che voglio?” Si tira su dai cuscini cercando di dissimulare l’imbarazzo per i suoi desideri. Le sue unghie rosse scintillanti glieli sbucciavano fuori.
“… è un’offerta solo per te!”
“Sì sì sì! Ci sono… Allora…”
“Avanti, cosa vuoi?”
“Te! Sì, te… Spogliati!”
“L’offerta è valida sino all’ultimo di questo mese.”
“Ah… va bene. In che senso? Volevo fare adesso…”
“Affrettati! Non fare scadere l’offerta.”
“Certo! Ma perché? Che giorno è adesso?”
“Giovedì. Giovediii. Vediii. Diii. Diii. Diii. Diii. Diii.”
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Strappato dalla fase REM. Ore nove in punto. L’unica sveglia degli ultimi novanta giorni doveva suonare proprio adesso. Merda…
Stava per fare la solita strage di krumiri, quando si ricordò che la colazione la offrono loro, dopo aver donato. Lo stomaco doveva rimanere vuoto. Meno male, sarebbe stato un sacrificio vano. Si vestì con quello che trovò sparso nel monolocale. Dalla voce a telefono l’infermiera non gli era sembrata carina. Poi si bardò di tutto punto per affrontare la collettività: mascherina ritagliata dalla carta forno con dentro un assorbente, se no inutile. Occhiali da sole. Cappello di lana. E guanti da cucina. Via, giù per le scale. L’aria gli frizza sulla fronte pallida. Il paguro è più molle quando esce di casa.
Incredibile! C’era sempre un sacco di gente, quasi non fosse successo nulla. O come se tutto fosse già finito. Meglio non dar retta. Sembrano tutti degli sciroccati. Per fortuna si tenevano alla larga. Molti di sti sconsiderati neanche portavano la mascherina. Imbecilli. Come se servisse mettere un bavero della giacca o una pashmina per difendersi da un nemico invisibile. C’è poco da fare. Il vero nemico è sempre stato invisibile.
Ma oggi è il giorno della riscossione! Donare per avere un’anima altruista. Il libero scambio del popolo dei più buoni. Suona al citofono, poi bussa alla porta. Apre un ometto che tutto aveva dell’avventore d’osteria e solo il camice del dottore. Era il dottore. Parlava e invitava a sedersi “un poco distanziati” con una leggerezza meridionale e accento di sorriso. Dal film di fantascienza si finiva in una commedietta all’italiana. A conferma sul televisore appeso andava in onda una commedia con Walter Chiari: scelta forse per sdrammatizzare.
“Compili questo.” Disse a meno di un metro da lui.
“Cos’è?”
“La prassi.”
Ah già… la prassi: consisteva nel mettere una sfilza di SI e NO. Malattie strane, mai sentite… NO. Ricoveri in ospedale in passato SI. Prendere farmaci specifici con nomi impossibili da ricordare NO. Cambiato il partner sessuale negli ultimi tre mesi MAGARI. Intolleranze NO. Allergie SI. Stato all’estero negli ultimi sei mesi NO. Si è mai fatto uso di stupefacenti…
Quando?
Quali?
In che senso?
Alza gli occhi dal foglio e la Commedietta lo guardava sorridente. Quasi affettuoso. Che vuole? Puoi continuò a gironzolare tra i suoi “pazienti” come se servisse a qualcosa e lui tornò alla domanda.
Beh… che dire… Nella vita qualche SI bisogna dirlo. Se no che è servito tutto il travaglio di mia madre per mettermi al mondo? Per andarmene bello ed intonso così come sono venuto?
– SI È FATTO… – passato prossimo: quindi in generale, nel passato, appunto.
“Mi scusi, ma qui…?” Chiese all’infermiera o la donna che stava dietro ad un ripiano, la cui mansione era chiedere i documenti.
“Non si preoccupi. Poi le chiederà bene il dottore per ogni cosa. Lei barri quello che le sembra più corretto.”
D’accordo: SI.
“E sinceramente compatisco chiunque barri NO” pensò sicuro dopo aver messo la sua X, con la stessa decisione dell’elettore certo che questa volta le cose cambieranno davvero perché sta dalla parte dei giusti. O per lo meno degli onesti.
“Tocca a lei. Prego da quella parte.”
Va da quella parte. Dietro una porta, dietro una scrivania, dietro una mascherina c’è un volto. Nuovamente lui: la commedietta. Per dare un tono serio al personaggio si è coperto la faccia. Passa in rassegna tutti i miei SI e i miei NO.
Anni fa era già stato vagliato da quella procedura. Quello che più lo agitava era il dopo, le analisi gratuite. L’AIDS. Ma in linea di massima era tranquillo, non aveva di che preocc—
“HE! HE! HE!”
Cosa? Lino Banfi si era fatto serio.
“Non va bene.”
“Cosa?”
“Ha fatto uso di sostanze stupefacienti.”
Breve pausa.
“Eh… beh… –Si è fatto uso-… si!”
Breve pausa.
“Non va bene.” Ripete con la stessa gravità di un parroco di provincia che scopre il chierichetto masturbarsi. Continua: “Quand’è stata l’ultima volta che ha fatto uso di queste sostanze stupefacienti?”
Pausa.
“Scusi… ma di cosa? Che intende?”
“Quella roba lì… che ha preso…”
“ERBA. L’ho fumata!” Rispose cercando di appianare la situazione, mostrando il lato folcloristico di Bob Marley.
“Erba! Si! L’erba, quando l’ha assunta l’ultima volta?”
Pausa.
“Mah…”
“Dica. Dica.”
Pausa. L’elettorato del partito degli onesti esigeva la trasparenza.
“Qualche giorno fa.”
“Non va bene.” Lino Banfi ora era proprio contrariato.
“Quindi?”
“Eeeh… non lo so! Che si fa?!”
“Che si fa?”
“Io qui devo telefonare…” Impugna un vecchio cordless come fosse il telefono rosso del Presidente e chiama.
Chi minchia chiama?
“Adesso devo chiedere…” Pausa. “Anche lei… poteva…” Scuote una mano. “Vediamo cosa—PRONTO! Buongiorno. Eh, qui abbiamo una persona che ha fatto uso di sostanze stupefacienti…”
“Erba!”
“ERBA! Sì!… eh eh, ma non sappiamo… Non possiamo essere sicuri che abbia preso dell’altro…”
“Ma cosa dice?!” Sta macchietta d’uomo!
“Come? Sì… si chiama Orso La-va-nia… certo. Lui dice solo erbe, ma… Orso Lavania, sì. Esatto. Va bene d’accordo. Ciao.”
“Quindi?”
“Eh… anche lei…” Iniziava ad esserci un po’ di senso di colpa per aver utilizzato la bomba H. Lino Banfi in fondo è un buono. “Niente. Ho chiamato il primario dell’Ospedale del centro di raccolta.”
“E?”
“E mi ha detto che non va per nulla bene. Mi ha chiesto il suo nome. Non verrà più accettato.”
Brutto figlio di puttana! È da un’era geologica che stagiono in casa… che avrei dovuto fare?? Che cazzo gli è girato di chiamare?! Presentarmi come un eroinomane, poi. D’accordo non sarò un bijoux in questo momento, ma chi lo è? Anch’io ho diritto a sentirmi una persona migliore. Voglio dare per poter ottenere. Quello stato ebbro, alleggerito di un litro. Anch’io voglio il panino imbottito con una fetta di prosciutto e formaggio da discount fasciato nel tovagliolo verde ramarro che il suo collega distribuisce all’ingresso!
“Guardi… io sono venuto per donare del sangue. Se non lo volete non è un problema mio.”
Se ne va. Con il passo seccato di chi ha il seme della rabbia su per il retto, torna a casa. Anche se dalla parte opposta, la testa si rende conto non esserci ragione per prendersela. Per lo meno il sole torna a baciarlo come una vecchia zia che non vedi da tanto tempo. Approfitta della passeggiata! Passeggiata che si dilunga perché a casa si rende conto di aver lasciato la carta d’identità dall’infermiera dei documenti. La vecchia zia inizia a rompere i coglioni. Tornando a casa non aveva visto nessun drone intimatore. Solo la solita moltitudine di balordi girovaghi. In ogni caso sarebbe stato meglio affrettarsi: le prove tecniche di regime erano iniziate già da tempo.
Finalmente protetto dalle le travi basse del tetto e le doghe piatte che si stringono di nuovo attorno. Il suo letto è sempre lì. Compagno d’avventure oniriche. Lui non lo giudica. Perché sa per esperienza cosa trasuda dal profondo dell’essere umano.
È sera. Fuori tira un vento forte. Spazza i cieli e le strade. In lontananza piccoli tubi armonici tintinnano appesi, impotenti alle fortissime raffiche di vento. Non possono far altro che suonare le loro composizione casuale, in costante sottofondo. È un dolce tintinnare, di un’esistenza morta, ma che riesce a tramutare la forza della natura in sottile bellezza in mezzo al silenzio. Lo cullano, tra i fumi della ganja.
“Chissà… se sia tutto terminato?”
Sonno.
SOLO PER TE! IPERGIGA: OFFERTA VALIDA FINO ALLA FINE DEL MESE. SPEDIZIONE GRATUITA A CASA. AFFRETTATI, ALTRIMENTI SCADE L’OFFERTA. ORDINAMI SUBITO E AVRAI 50 GIGA IN OMAGGIO. ORDINAMI! ORDINAMI!